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Trovare un nuovo lavoro? Missione impossibile

di Alessio Tacconi – 

La pandemia da Covid19 ha stravolto molte delle abitudini e dei meccanismi sociali a cui eravamo abituati. Quello che sembra non essere cambiata, però, è la complessità del mondo del lavoro, divenuto sempre più esigente sia per chi c’è dentro che per chi ne è fuori, ma magari ci vuole entrare (o rientrare). Chi è più attento alle recenti dinamiche del settore, avrà sentito, come è capitato a noi, storie assurde, quasi horror, che descrivono bene la situazione attuale. Io, personalmente, ricordo soprattutto le seguenti.

Storia n. 1
Una grande azienda americana, dopo essere stata solamente sfiorata dalla crisi pandemica, vede ora aumentare gli ordini dei propri clienti. Non potendo assumere in tempi stretti nuovo personale, chiede (o, forse, è meglio dire impone) ai propri dipendenti di dividersi in tre turni, così da poter lavorare 24 ora su 24. In cambio, offre a tutti l’ebbrezza di lavorare anche di notte, senza alcun ritocco della paga poiché, a detta dell’azienda, lavorare di notte è una esperienza da aggiungere nel curriculum vitae (CV). Senza parlare dei responsabili dei diversi dipartimenti, costretti a rimanere disponibili ad andare in azienda durante tutte le 24 ore, sempre in cambio della stessa paga ma con una entusiasmante nuova esperienza della quale far orgoglioso sfoggio nel curriculum. Vediamo, allora, nelle prossime righe, a cosa si va incontro quando si utilizza il proprio CV per rispondere ad una ricerca di lavoro.

Storia n. 2
Una azienda europea ricerca esperti nel settore dell’AI (Intelligenza Artificiale), che siano, tra le altre cose, giovani, molto giovani, ed esperti, molto esperti. Ora, tutti possiamo capire come, sebbene il concetto sia nato ufficialmente nel lontano 1956, le applicazioni pratiche dell’AI nei diversi campi siano tutte, a dir poco, recenti. Diventa, dunque, piuttosto difficile, quasi impossibile, trovare dei giovani super esperti da mettere immediatamente davanti ad uno schermo, pretendendo magari anche di non fornire loro un’adeguata formazione (il sempre più ricercato plug&play, che per capirci traduco, impropriamente, in siediti&lavora). Chi più ha il tempo e le risorse per fare formazione? Sembra quasi un bel escamotage per offrire ai fortunati selezionati uno stipendio più basso del normale, poiché o sono giovani o sono esperti, e quindi di certo non soddisfano al completo le aspettative dell’azienda. Il lavoro te lo diamo ma con uno stipendio, ahinoi, più basso.

Storia n. 3
Una azienda italiana cerca un nuovo dirigente. La descrizione della mansione da ricoprire elenca un’interminabile lista di competenze che il candidato dovrà avere (vedi storia n. 2), senza però dare alcuna informazione in cambio, come per esempio lo stipendio che l’azienda è disponibile a pagare. Ma la cosa più interessante è che per finalizzare la candidatura servono svariati passaggi, inscrizioni in diverse piattaforme e password varie, ore perse a rispondere a mille domande, dovendo lasciare tutti i propri dati, compresi indirizzo, sesso, età e composizione famigliare. Tutte informazioni, converrete, non necessarie per capire se una persona è adatta o meno a ricoprire quel ruolo. E, infatti, in molti non finalizzano la propria candidatura, che sembra più una schedatura, fatta gratis dalle stesse cavie, per chissà quali altre finalità.

Chi, testardo, vuole comunque provare ad intraprendere questa moderna Odissea, dovrà infine passare sotto le forche caudine degli ATS (Applicant Tracking System), programmi elettronici che analizzano, automaticamente e in qualche centesimo di secondo, il curriculum del candidato per decidere se farlo passare o meno al successivo livello di selezione. Il 95% dei curricula viene bloccato a questo primo passaggio. Storie di questo tipo si possono sentire ogni giorno, a centinaia. È il risultato di molti anni in cui la domanda di nuovi lavori ha superato abbondantemente l’offerta, per cui chi deve selezionare e decidere, di fronte a centinaia di candidature, ha provato in buona fede a semplificare il proprio compito, facendo uso di sistemi automatici. I quali, poi, si sono spinti oltre la soglia dell’opportuno, fino ad arrivare ad essere troppo complicati, troppo invasivi, troppo automaticamente stupidi. Tutto questo, naturalmente, è andato a scapito delle persone che hanno, sempre più spesso, dovuto intraprendere una lotta impari con un mondo del lavoro sempre più automatico, impersonale, difficile da decifrare. Non ci si può certo sorprendere, dunque, se il numero di NEET (persone non impegnate nello studio, né nel lavoro, né nella formazione) sia in aumento e, prevediamo, lo sarà anche nonostante l’auspicata ripresa dopo la pandemia.

La cosa, ai nostri occhi, è decisamente sfuggita di mano. È auspicabile, a nostro avviso, introdurre una nuova regolamentazione di tutti i processi di selezione, se dovesse servire anche a livello legislativo, per garantire a chi si trova dalla parte più fragile della barricata una più facile fruizione degli strumenti informatici e per evitare qualsiasi tipo di discriminazione, per di più se eseguita automaticamente da uno stupido software. In alternativa, chi ha più di 50 anni, chi ha figli, chi non abita a 10 km dall’azienda non avrà più alcuna possibilità di lavoro. Non è il futuro che ci immaginiamo.

È per questo che resta molto importante, anche e soprattutto in questi periodi stranianti, interessarsi all’avvenire proprio e dei propri figli per mezzo della politica ed esercitare il proprio diritto di voto. Nel prossimo futuro torneremo ad avere degli eletti che ci rappresenteranno veramente in Parlamento e saranno più presenti sul territorio. Dovremo lavorare con loro per costruire un futuro più a misura d’uomo e meno a misura di software.