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Approvata la riduzione del numero dei parlamentari. Decimata la rappresentanza degli italiani all’estero

di Franco Narducci, intervista al Segretario del PD Svizzera

Martedì scorso la Camera dei Deputati ha approvato in quarta lettura (la legge impone una doppia lettura per ogni ramo del Parlamento) la modifica costituzionale che ridurrà il numero dei parlamentari. Con quest’ultimo passaggio il numero dei deputati diminuisce da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200.

La riforma è stata approvata con una maggioranza bulgara, che fa pensare a un consenso quasi plebiscitario, ma tra le pieghe delle dichiarazioni e dei tantissimi messaggi circolati sulla rete, anche da parte di autorevoli protagonisti della politica, si intravedono altre ragioni, non da ultimo le cause di “forza maggiore” che hanno dato vita all’alleanza tra Movimento 5Stelle e PD. Ed anche la paura di mettere fine anticipatamente a questa legislatura e andare al voto, con il rischio di non essere rieletti, che di regola ha un effetto “calmante” su molti parlamentari. Una riforma che – come hanno sottolineato vari opinionisti – raccoglie il consenso di un’alta percentuale di cittadini.

Gli stessi che nel referendum del 2016 bocciarono il progetto del governo Renzi, che aveva l’ambizione di superare il bicameralismo perfetto avvicinando l’Italia al modello tedesco, che però ha alla base un collaudato sistema federalistico. La riforma approvata allarga ampiamente il rapporto numerico tra eletti e rappresentati: 1 deputato per 151.210 abitanti (finora 1 per 96.006) e 1 senatore per 302.420 (finora 1 per 188.424). Per effetto di questo stravolgimento occorrerà per prima cosa ridisegnare i collegi elettorali mettendo mano alla legge.

Corriere degli Italiani, Anno LVII - N. 33 - 18 ottobre 2019

La riduzione dei parlamentari è particolarmente dura per la rappresentanza degli italiani all’estero, che appare decimata. L’atteggiamento contradittorio del PD e di gran parte della rappresentanza eletta all’estero ha acceso le polemiche. Un motivo in più per parlarne con Toni Ricciardi, segretario della Federazione del PD in Svizzera.

Ricciardi, il PD ha votato tre volte contro la riduzione dei parlamentari e ora si è accodato a chi era favorevole da sempre, in buona parte all’opposizione, compresa la Lega, senza resistenza o per lo meno per cambiare le motivazioni. Come lo spiega?
L’unica spiegazione è quella dell’accordo di governo, che tra i suoi punti prevedeva il taglio. Possiamo
discutere sulla follia e l’irresponsabilità di votare a favore di un taglio illogico, non inserito in un progetto più ampio di riforma degli assetti istituzionali. Si è modificata la Costituzione, non una mera legge ordinaria. Facciamo sempre richiamo alla lungimiranza dei padri costituenti che secondo me si stanno rivoltando nella tomba.

Il popolo del centrosinistra è sconcertato a giudicare dal fiume di commenti sui social. La riforma Renzi fu sconfitta anche con l’opposizione interna nel PD, ora Zingaretti afferma che “La riduzione dei parlamentari è una riforma che il centrosinistra e il PD portano avanti, in forme diverse, da 20 anni”. Troppo ambiguo, non le pare?
Zingaretti ha ragione quando dice che il centrosinistra coltiva da oltre 20 anni l’ambizione di modificare il bicameralismo perfetto e il numero dei parlamentari. Tuttavia, ho l’impressione che ci si sia piegati al sentir comune, alla pancia del popolo senza riflettere. Chi siede nelle istituzioni ha il dovere di guidare i processi decisionali, di assumere anche decisioni impopolari per il bene delle future generazioni. Credo che questo sia il secondo errore macroscopico dopo l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. La democrazia ha un costo, barattare questo principio per paura della reazione del popolo è pura follia. Nessuno si sognerebbe mai di abolire il finanziamento pubblico ai partiti in Svizzera (indirettamente), Francia o Germania.

Tra il vecchio e il nuovo secolo fu modificata la Costituzione per “restituire dignità” agli italiani all’estero facendoli sentire cittadini a tutti gli effetti. Fu istituita la circoscrizione estero e introdotta la rappresentanza parlamentare…
Lei ricorderà che proprio da queste colonne qualche mese fa denunciai il rischio che stavamo correndo dopo che la proposta fu depositata in commissione in Senato. Nell’ultima Assemblea nazionale del partito ho richiamato i nostri eletti ad un maggior coraggio. Parole al vento. Francamente sono molto amareggiato, non tanto per ciò che è accaduto, ma per come è accaduto. Purtroppo la qualità dei nostri rappresentanti è sotto gli occhi di tutti e ne pagheremo le conseguenze. Quando capiranno che essere parlamentare significa operare cercando di migliorare le condizioni di vita di chi si rappresenta, e non fare 3 comunicati stampa al giorno, rivedremo, forse, la luce in fondo al tunnel. Sono dispiaciuto anche per molti come lei, che hanno fatto battaglie per oltre 30 anni per un diritto che un gruppo di incompetenti ha pressoché cancellato. E sono ancora più addolorato perché il voto per gli italiani all’estero fu una proposta che partì dall’emigrazione italiana. Nel 1947 Fernando Schiavetti, fondatore delle Colonie Libere, e poi costituente, col suo primo intervento chiese di istituire una rappresentanza per gli italiani all’estero, fino ad arrivare poi al voto. Tremaglia, con un impegno costante, ha tagliato il nastro di un’opera che ha aspettato mezzo secolo per esser approvata.

Quindi, secondo lei, gli eletti all’estero hanno avuto un atteggiamento remissivo? Martedì scorso qualcuno non si è presentato al voto in aula, qualcuno ha giustificato la propria assenza con impegni di collegio (sic!!), qualcuno si è astenuto. Gli unici che hanno contestato in modo rumoroso sono stati quelli di +Europa.
Purtroppo è così. Probabilmente la spiegazione è nel modo in cui sono stati eletti. Se non rispondi più a chi ti ha eletto, bensì esclusivamente a chi ti ha candidato o finanziato, esegui gli ordini del capo, punto! Dopodiché, ognuno ha cercato di lavarsi la faccia, compresi quelli di +Europa. Un padre di famiglia scende a patti anche con il diavolo pur di salvaguardare i diritti dei suoi figli. Questa è la politica in favore di chi rappresenti, il resto è semplice talk show modello Grande Fratello

Forse gli eletti all’estero, mettendo da parte le appartenenze, avrebbero dovuto abbandonare i propri gruppi parlamentari e confluire nel Gruppo misto dalla terza lettura della riforma costituzionale, dando un segnale forte alla politica e alle comunità. Già l’annullamento del “Comitato per le questioni degli italiani all’estero”, sostituito con una pseudo indagine conoscitiva sui nostri connazionali emigrati, avrebbe dovuto far scattare l’allarme, non crede?
Narducci, lei chiede troppo: autonomia, libertà di pensiero, senso di appartenenza a chi non le possiede. Qualche mese fa in occasione dell’approvazione del decreto sicurezza, mi ero permesso di inviare una lettera aperta all’on. Billi sulla vicenda della certificazione linguistica che tanti disagi ha provocato. Si è scatenato l’inferno. La ratio era il dialogo, per il bene delle nostre comunità, con la parte politica a me più distante, ma che all’epoca era al governo. Andava fatta la stessa cosa, ma è necessario avere in testa la politica, il coraggio e, soprattutto, devi essere libero. La domanda è sempre la stessa: a chi rispondi, al tuo capo o alle persone che ti hanno eletto?!

Tra chi crede ancora al voto all’estero come strumento di partecipazione attiva si sta diffondendo una pericolosa sensazione di ineluttabilità. Come la si può contrastare?
L’unico modo che conosco è fare politica. Circolo per circolo, comune per comune, paese per paese, ma non parlando del sesso degli angeli. Serve proporre alcune tematiche semplici e chiare, che riguardino la quotidianità. In altre parole, occorre porsi una domanda: ciò che facciamo come partito/politica è utile per i nostri cittadini?
Il rapporto numerico tra eletti e cittadini rappresentati sarà impressionante e pare impossibile che si possa instaurare una interlocuzione vera. Il primo passo sarà mettere mano alla legge per ridisegnare i collegi elettorali, cosa propone il Segretario del PD Svizzera per la circoscrizione estero?
Il rapporto sarà allucinante, già lo era prima, figuriamoci adesso. Credo serva ridisegnare le circoscrizioni dividendole in collegi. Nel nostro caso (Europa) avremo 1 senatore e 2-3 parlamentari. Per ovviare a questo obbrobrio, secondo molti di noi, non solo in Svizzera ma anche nelle altre federazioni, serve costruire collegi che quanto meno diano la possibilità di identificarsi con gli eletti. Direi suddivisioni di 800/900.000 votanti per collegio. Questa è l’unica soluzione possibile. Ancora, l’abolizione del mercato delle preferenze e garantire uno spoglio degno di un paese civile. Mai più scene come quelle viste a Castelnuovo di Porto, le schede restino e si controllino nelle ambasciate, che sono territorio italiano. Così non avremmo alcun problema. Anzi, potremmo avere scrutatori e commissioni elettorali composte da cittadini nel mondo, in modo da avvicinare le persone alla politica e dare maggior peso al voto stesso.

Si sostiene che il voto all’estero abbia diviso le comunità italiane; divisioni che in ogni caso non sono nuove. Il PD, che all’estero si è contraddistinto per la sua compattezza quasi granitica, deve fare i conti con Italia Viva e con i suoi circoli all’estero. Come state affrontando questa novità?

Come sempre, facendo politica e ricordando che i rapporti umani sono una cosa diversa rispetto a quelli politici. Politicamente Italia Viva rappresenta un partito concorrente e avversario, lo testimonia il fatto che ogni giorno Renzi ed i suoi adepti non perdano occasione per sparare addosso al PD. Lascio alla valutazione dei cittadini il comportamento dei nostri eletti che quasi come dei ladri di notte sono passati a Italia Viva. Per non parlare delle incomprensibili motivazioni, del voto a favore del taglio per poi invocare il referendum contro a quello che loro stessi hanno votato. Credo che non debba aggiungere altro.
Per il resto, adesso si apre uno spazio di ragionamento con tutto quel mondo che da troppo tempo ci guardava con diffidenza e con cui mancava un dialogo. Da quando mi sono insediato come segretario, quasi un anno fa, per prima cosa ho cercato di allargare il campo, e intendo proseguire in questa direzione, nel rispetto dell’autonomia di ognuno.

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