di Dario Natale
Il Primo maggio corrisponde alla giornata in cui si celebrano il lavoro ed i lavoratori. Oltre ad essere un giorno di festa, è anche un momento in cui ci si riunisce per riflettere sulle problematiche legate al tema del lavoro, analizzarle e proporre possibili soluzioni, nuove idee. L’evento del Primo maggio di quest’anno, purtroppo, è stato fortemente segnato dall’epidemia del COVID-19, ma questa situazione può essere un’occasione per fermarsi a riflettere sulla direzione da intraprendere. La riflessione, in tal caso, parte innanzitutto da un’osservazione dell’idea che si ha del lavoro e del sistema sociale del Paese in cui ci troviamo.
Quando si parla di lavoro in Svizzera bisogna ricordare che viviamo in un Paese fortemente influenzato dal concetto di etica del lavoro calvinista, la quale enfatizza la disciplina ed il duro lavoro. Inoltre, l’importanza della responsabilità individuale è evidenziata ampiamente nella Costituzione elvetica. All’art.41 leggiamo che è «a complemento della responsabilità e dell’iniziativa private che la Confederazione e i Cantoni si adoperano affinché: a) ognuno sia partecipe della sicurezza sociale; […] d) le persone abili al lavoro possano provvedere al proprio sostentamento con un lavoro a condizioni adeguate».
L’avvento del Covid-19 e la ricaduta sociale in termini di vite umane hanno portato ad una forte erosione del tessuto sociale, ma anche di quello economico ed hanno in parte danneggiato il sogno liberale. Nella situazione attuale, in Svizzera, come in tanti altri Paesi, riprendere la corsa appare essenziale. Nel giro di due settimane, dati del SECO, in territorio elvetico circa 26’000 persone hanno perso il loro lavoro. Il tasso di disoccupazione, come le domande di iscrizione alle Casse Svizzere per il sussidio di disoccupazione, aumentano di settimana in settimana.
Tra i tanti mezzi messi in campo dal Consiglio Federale per combattere il Covid-19 ce n’è uno particolarmente importante e discusso: l’IPG o anche indennità di perdita di guadagno Coronavirus.
«Il Consiglio federale ha deciso le misure per frenare le conseguenze economiche dell’ulteriore diffusione del Coronavirus per le imprese e i dipendenti colpiti. I provvedimenti si applicano per un periodo di sei mesi. Genitori, persone in quarantena e indipendenti hanno diritto ad un’indennità per la perdita di guadagno». Questo il testo inserito nel nuovo opuscolo dell’AVS, pubblicato il mese scorso e che si aggiunge alle nuove misure di lotta al Covid-19 della Federazione Elvetica.
La messa a disposizione di nuove forme di sostegno agli autonomi, per i quali in Italia ed in altri Stati si è creata una paralisi (si pensi al sito INPS per il sostegno di 600 euro agli autonomi) e molti rallentamenti (si pensi ai ritardi nei pagamenti dei cassaintegrati) è stata gestita, invece, in maniera univoca e con gran forza dal Consiglio Federale.
Passata la fase della messa in sicurezza, la Svizzera si concentra sulla ripartenza attraverso un piano di riapertura graduale, articolato in 3 fasi, che mira a riportare il Paese alla normalità nel giro di poche settimane. Farlo è importante, è necessario per una economia forte come quella elvetica. Bisogna, però, avere chiaro in mente questo: le dinamiche di discussione sui grandi temi che attanagliano il dibattito pubblico, come la rendita-ponte o come il dibattito sull’aumento dell’IVA e l’aumento dell’età pensionabile, avranno d’ora in poi una portata diversa. All’interno dell’economia della crisi ci saranno nuove misure restrittive che richiederanno scelte. Dovremo convivere con il virus, che ci darà forse la possibilità di incamminarci, ma che non ci lascerà la possibilità di riprendere la corsa immediatamente e senza danni.
Bisognerà iniziare oggi a costruire qualcosa di concreto e ordinato per affrontare la nuova fase di lenta ripresa che ci attende. Il tutto senza tralasciare i valori che in un Primo maggio qualunque di qualche anno fa noi stessi saremmo scesi in piazza a difendere. Quando agli inizi del Novecento in Svizzera si cominciò a ragionare su un’assicurazione contro la malattia, la vecchiaia e gli infortuni, la popolazione non riuscì immediatamente a recepirne la portata del messaggio. Questo fece sì che dal 1926 (una fase di concertazione e discussione era nata già agli inizi del Novecento) una riforma storica come l’AVS poté vedere la luce soltanto 20 anni dopo ed a seguito di un conflitto mondiale che aveva cambiato profondamente gli animi di quel Paese. Questa volta, circa un secolo dopo, si dovrà affrontare tutto ciò tenendo in considerazione le difficoltà di questi mesi e sapendo che l’etica del lavoro calvinista non deve avere la meglio sull’etica dei diritti «poiché lo Stato non professa un’etica, ma esercita un’azione politica» (Piero Gobetti in La Rivoluzione Liberale).